Eraclito
Biografia • Pensiero oscuro
In una Grecia costituita da città divise tra loro da rivalità e gelosie, e prima di unirsi contro il comune nemico persiano, nella colonia di Efeso, nella Jonia, lungo la costa dell'attuale Turchia, fra il 550 ed il 535 a.C. nasce Eraclito, discendente dei re di Efeso, il quale, secondo quanto narrato dal suo biografo Diogene Laerzio, rinuncia al titolo onorifico in favore del fratello. In tale rifiuto è racchiusa un po' tutta la personalità dell'uomo che, altero e bizzarro, rifiuta con disprezzo potere e ricchezza e che invece predilige la solitaria meditazione e la sobrietà dei costumi, aspetti che caratterizzeranno il pensiero e la vita stessa del filosofo.
Ostile alla democrazia che governa la sua città, respinge la richiesta di scriverne la costituzione e si ritira in solitudine ed in meditazione filosofica nel tempio di Artemide. Qui scrive l'unica sua opera di cui si ha notizia, "Della Natura", divisa in tre parti che riguardano l'universo, la morale e gli dei, della quale rimangono 126 frammenti. La sua interpretazione dell'universo è diametralmente opposta a quella data dalla Scuola Eleatica del suo coevo Parmenide. Egli sostiene che tutto è in continuo divenire: "Non è possibile discendere due volte nello stesso fiume, né toccare due volte una sostanza mortale nello stesso stato; per la velocità del movimento, tutto si disperde e si ricompone di nuovo, tutto viene e va".
Il flusso universale dell'essere: tutto scorre, "panta rei", è l'assioma fondamentale della sua dottrina; tutto è in perpetuo dinamismo, che egli definisce "fuoco". Il suo stoicismo si fonda su un universo che ha inizio nel "logos", inteso come fuoco generatore di vita e ordine della materia. E nel fuoco individua l'unico Dio, opponendo così il panteismo al tradizionale politeismo. L'uomo potrà raggiungere la felicità solo conformandosi a quell'ordine che sostiene il mondo, ed ha il dovere di riconoscere e credere nel suo disegno divino. Il corpo è prigione dell'anima, che se ne libera soltanto con la morte acquisendo coscienza dell'essere universale.
Al confronto con Democrito, detto "ridente", ad Eraclito viene attribuito invece l'appellativo di "triste" o "piangente". L'opera di Eraclito, per molti aspetti ermetica, ostica, oracolare, come molti filosofi e lo stesso Socrate affermano, gli vale l'appellativo di "oscuro". Va però detto che il filosofo di Efeso, così sdegnoso del volgo tutto proteso alla soddisfazione dei più bassi istinti, adopera volutamente un linguaggio, per l'appunto, "oscuro" e dunque di difficile comprensione, i cui soli destinatari dovranno essere i suoi discepoli, fra i quali si annovera il filosofo Cratilo, che sarà a sua volta maestro di Platone.
Eraclito è stato annoverato fra i padri della dialettica.
Muore ad Efeso, fra il 480 ed il 475 a.C., proprio mentre le città greche decidono finalmente di coalizzarsi contro i persiani, dando vita alle memorabili battaglie di Maratona, Salamina, Termopili e Platea, ed alla vigilia dell'inizio dell'egemonia di Atene su tutta la Grecia che porterà all'età di Pericle, fra il 461 ed il 429 a.C.
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