Giuseppe Arcimboldo

Giuseppe Arcimboldo

Giuseppe Arcimboldo

Biografia Le metafore di un tempo

Giuseppe Arcimboldo (in molti documenti di archivio viene indicato come Giuseppe Arcimboldi) nasce nel 1526 a Milano, figlio del pittore Biagio, impegnato presso la Veneranda Fabbrica del Duomo ed erede di una famiglia aristocratica meneghina. Giuseppe inizia, intorno al 1549, la propria attività artistica nella bottega del padre, disegnando cartoni che verranno poi impiegati per la realizzazione di vetrate del Duomo. Si specializza in questa attività anche negli anni successivi, contribuendo a creare i cartoni preparatori delle vicende di Santa Caterina di Alessandria.

Intorno ai trent'anni, si dedica alla rappresentazione, insieme con Giuseppe Meda, dell'"Albero di Jesse", un monumentale affresco situato nel transetto settentrionale del Duomo di Monza, e alla creazione di un cartone per il Duomo di Como. Sono, questi, anni di attività intensa, sia nel campo della pittura che negli altri ambiti artistici: tuttavia, sono poche le informazioni ufficiali relative a questi anni.

L'episodio destinato a cambiare la vita di Giuseppe avviene nel 1562, quando parte per Vienna su invito di Massimiliano II d'Asburgo, principe e futuro imperatore. Nella capitale austriaca Arcimboldo raggiunge subito una fama importante, accompagnata da riconoscimenti economici notevoli: il catalogo delle opere di cui disponiamo oggi, insomma, rappresenta solo una piccola parte della sua attività dell'epoca, di cui dunque abbiamo scarse notizie. L'apice della sua espressione artistica viene raggiunto con le "Teste Composte", celebri fisionomie grottesche realizzate mediante la combinazione di cose o forme viventi.

Basti pensare alle otto tavole che ritraggono i quattro elementi della cosmologia di Aristotele (vale a dire Acqua, Terra, Fuoco e Aria) e le quattro stagioni: otto allegorie pensate per le pareti della residenza dell'imperatore, in cui si può apprezzare una varietà di colori eccezionale, che riflettono corrispondenze tra macrocosmo e microcosmo. Particolarmente ammirate sono le "Quattro Stagioni": loro varianti e copie vengono realizzate e donate a regnanti europei e famiglie nobili in segno di diplomazia da parte di Massimiliano II.

Giuseppe, in ogni caso, non si esercita unicamente solo come pittore di corte: l'imperatore, infatti, si affida a lui anche per cortei, giochi e mascherate che rallegrano la vita di corte. Un esempio in questo senso è rappresentato dalle nozze tra Maria Anna di Wittelsbach e l'arciduca Carlo II d'Austria, in cui la creatività dell'artista milanese si esplicita nell'organizzazione dei fasti nuziali. Il suo impegno come coreografo degli avvenimenti più importanti della corte di Vienna è testimoniato da 148 disegni che fanno parte del "Carnet di Rodolfo II", attualmente collocato agli Uffizi fiorentini nel Gabinetto Disegni e Stampe. Si tratta di opere che rappresentano, tra l'altro, sfilate, costumi, cavalieri, dame, cortei eccetera.

Arcimboldi rimane artista di corte anche alla morte di Massimiliano, quando il comando dell'impero viene assunto da Rodolfo II: anche il nuovo imperatore ne apprezza le virtù, complice il suo interesse per l'esoterismo e gli studi alchemici. Così, quando la capitale dell'Impero viene spostata da Vienna a Praga, Giuseppe si sposta al seguito della corte, diventando consigliere sempre più fidato: viene, infatti, nominato Conte Palatino, per il contributo offerto alla crescita del benessere economico del posto. Nel 1587, Arcimboldi torna a Milano, dove realizza i dipinti "Rodolfo II in veste di Vertunno" e "Ninfa Flora", prima di morire il giorno 11 luglio 1593.

La fama di Giuseppe Arcimboldi si perde pochi decenni dopo la sua morte, e tornerà prepotentemente in ambito artistico solo nel Novecento, grazie all'affermarsi della pittura surrealista. In questo periodo si torna quindi ad apprezzare anche le "Teste Composte", realizzate in una sorte di Trompe-l'oeil combinando elementi dello stesso ambito (per esempio libri, o ortaggi, o pesci) metaforicamente collegati al soggetto che viene rappresentato. Il debito dell'artista milanese nei confronti delle deformazioni fisionomiche leonardesche è evidente, così come verso le elucubrazioni alchemiche del tempo, cui non è estranea la cultura cabalistica e magica del Cinquecento.

La sua, insomma, è un'arte perfettamente inserita nel suo tempo, che nascondendosi dietro una certa giocosità si pone in cerca del significato reale - ma celato - delle cose, come nelle "Nature morte".

Attualmente, a Palazzo Rosso a Genova è conservato il suo "Autoritratto cartaceo", mentre nel Museo Civico Ala Ponzone di Cremona si trova "Ortaggi in una ciotola". La Skoklosters slott di Stoccolma, invece, ospita "L'avvocato", "Il bibliotecario" e il "Ritratto di Rodolfo II in veste di Vertunno".

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